Festa di S. Antonio

Come da tradizione, la Cooperativa l’INNESTO valorizza la memoria collettiva riproponendo, presso il Centro Allevamento di Valle nel Bioparco della Val Cavallina, i riti tramandati della festa di S. Antonio.
In collaborazione con la Parrocchia di S. Vittore, il Comune di Gaverina Terme e l’Associazione di Promozione Sociale dei Cavalieri dei Borghi, il 17 gennaio 2016, la Valle delle Sorgenti ospita diverse iniziative con cui si intende promuovere quest’importante “tempo” della vita sociale e religiosa locale. Prodotti tipici e cucina valligiana, la benedizione degli animali, condivisione e animazione attorno al fuoco, visita del Bioparco e delle sue emergenze ambientali, saranno gli ingredienti di questa giornata di festa alla riscoperta dei valori della cultura locale.

falòdef_1In attesa di incontrarci nella Valle delle Sorgenti, vi ricordiamo la storia delle nostre tradizioni con il racconto di Nonna Ida, la nostra guida tra il tempo passato e il futuro della nostra comunità.

Sant’Antonio del porsel
I racconti di Nonna Ida

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“Un giorno, mentre l’anacoreta Antonio”, cosi lo chiamava la nonna anche se noi, forse nemmeno lei, sapevamo cosa significasse, “passeggiava in aperta campagna meditando, pregando e contemplando il creato che gli stava intorno”, continuava la nonna mentre sbirciava le nostre reazioni, “gli si avvicino una grande scrofa, dal pancione gonfio, che emetteva piccoli grugniti di dolore come ricercando aiuto: era prossima a partorire. Antonio allora si chino su di essa, che nel frattempo si era sdraiata sfinita ai suoi piedi. Cominciò a parlarle e a sussurrale di stare calma che lui non l’avrebbe lasciata sola e le sarebbe stato vicino. Gli occhi della scrofa si raddolcirono e nel breve volgere del tempo partorì un bellissimo maialino. Ma è risaputo”, diceva nonna, “i maialini appena nati dovrebbero già stare in piedi ma il nostro no. Chissà perche?. Antonio allora osservò meglio e vide che il maialino aveva una malattia ai piedi”. Continuava la nonna mentre la sua voce si modulava di passione e di fede “Antonio allora alzo lo sguardo al cielo e pregò il Signore, impose il segno della croce al maialino che guarì all’istante. Si raddrizzo in piedi e comincio a correre intorno ad Antonio che lo guardava felice mentre rivolgendo ancora gli occhi al cielo ringraziava il Signore. Da quel momento il porcellino lo seguì sempre. Ma la storia cari bambini continua. Adesso a letto. Domani vi racconto il resto”. Cosi la nonna ci congedava e noi con un bacio sulla guancia in cambio di una carezza salutavamo.

“Ciao Bambini… dove eravamo rimasti?” Cosi iniziava sempre nonna Ida quando doveva riprendere i suoi affascinanti racconti. “Si, si ora ricordo, Antonio aveva dunque travato un amico. Col porcellino continuo cosi a girovagare nelle campagne, sempre schivo e fuggiva il mondo. Dopo la morte dei suoi genitori lascio tutto ai poveri e si ritirò in un’umile caverna dove viveva col suo nuovo amico. Nel frattempo altri uomini si unirono ad Antonio nella sua meditazione, nella preghiera al Signore” e quando affermava questo la Nonna ci guardava con rimprovero come a dirci voi pregate troppo poco, poi continuava. “Antonio divenne il pastore di questi eremiti, che lo fecero Abate. Intanto molti animali, avendo saputo della guarigione del porcellino si erano recati nella campagna da lui frequentata sperando di incontrarlo. Volevano conoscerlo e stare con Lui. E Antonio li accolse e li protesse: c’erano animali di tutti i generi: mucche, cavalli, pecore e capre, polli e conigli e tutti gli volevano bene e si sentivano al sicuro” E mentre raccontava alla nonna Ida brillavano gli occhi.

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In casa entrò il nonno che rientrava dalla stalla, e Lei disse “Si, era uno proprio come il Nonno, che amava i suoi animali, che li curava” Il nonno borbotto qualcosa, prese il secchio del latte e se ne andò di nuovo ad accudire i suoi animali, era l’ora della mungitura. La nonna continuò, “Delle buone cose che faceva Antonio si sparse la voce nei paesi vicini e i contadini, gli allevatori cominciarono a pensare che Antonio fosse un santo e fosse il protettore degli animali. Andarono da lui , tutti insieme e lo pregarono di scendere in paese almeno una volta all’anno a benedire le loro stalle, i loro animali perché crescessero indenni da malattie e potessero produrre latte, carne, lane, lavoro, compagnia, tutto per il bene della gente. Antonio accettò, e il diciassette gennaio di ogni anno si recava in paese a benedire gli animali. Erano anche i giorni in cui si macellavano i maiali e spesso nelle stalle, nelle case incontrava i norcini i quali gli chiedevano di vegliare anche su di loro e di benedirli. E Antonio, che ormai tutti chiamavano Sant’Antonio, allora benediva gli animali, gli uomini e il loro lavoro” La Nonna guardò la grande sveglia che stava sulla credenza della cucina e immancabilmente ci congedava “Su, Su, è tardi ora devo preparare cena, domani vi racconto l’ultimo pezzo. Su, su apparecchiate tavola”. Era come svegliarsi da un sogno e stiracchiandoci un po’ preparavamo tavola.

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Aspettavamo con ansia nonna Ida che stava tardando con una persona che aveva fatto visita al Santuario e aveva “desquarciat la madonna” (mmmh… ma questo è un altro racconto).
Noi tre eravamo già trepidanti di conoscere la fine della storia e favoleggiavamo sulle conclusioni.
Eccola arriva! Ravviva il fuoco e si accomoda sulla sua sedia troppo piccola per la sua figura, improbabile ad ospitarla tutta. E noi a stupirci tutte le volte come quella sedia reggesse… ma reggeva. La nonna si assettava, prendeva un po di lana in grembo e riprendeva la cardatura e il filo della storia.
“Lasciato il paese Sant’Antonio Abate con il suo fedele porcellino si incamminò sulla strada del ritorno verso la sua umile dimora. Due persone che gli erano molto amiche quella sera lo vollero accompagnare e si aggiunsero alla compagnia. Lungo il tragitto incontrarono delle persone molto strane” La nonna si fermò, come alla ricerca delle parole giuste mentre in noi la curiosità aumentava, allo stesso tempo capivamo che la storia si complicava. “Queste strane persone, uomini e donne, vestivano riccamente e parlando forbitamente si avvicinarono al Santo e raccontavano di ricchezze spropositate da prendere subito, di cibo abbondanti e prelibati, mostravano e offrivano soldi paventando una vita agiata e piena di belle cose. Inoltre parlavano di potere sugli altri uomini. Tutto poteva essere ottenute semplicemente: bastava rinnegare il Signore e vivere nell’indifferenza e nell’egoismo. Di fronte a queste tentazioni però Sant’Antonio, forte nella convinzione che nulla più dell’amore e del rispetto verso Dio, verso gli altri uomini, gli animali e la natura, potesse donare gioia alla vita, non si curò della loro presenza e continuò imperterrito nel suo cammino. Ma i due accompagnatori, storditi dal denaro e dalle moine dei tentatori, senza ben capire, pur nella loro onestà di fondo, cedettero alle lusinghe e, abbandonato Sant’Antonio, cambiarono strada e si accompagnarono a queste strane persone.”
La nonna, passandoci in rassegna con lo sguardo ci disse “Adesso viene il bello”. Aveva ragione.
“Dopo un po’ Sant’Antonio si rese conto di essere rimasto solo e si crucciò della decisione presa dai suoi accompagnatori. Ad un certo punto udì della grida. In quei lamenti riconobbe i due amici che lo avevano appena lasciato. Capi che erano caduti nella tentazione del demonio e finiti all’inferno.
Ritorno allora sui suoi passi e scese anch’esso all’inferno con l’intenzione di riprendersi quelle anime rubate al Signore con l’imbroglio. Giunto nel luogo della dannazione eterna invitò il maialino a correre e a fare i dispetti ai diavoli di guardia e nel bel mezzo di quel posto il maialino creò un tale scompiglio, che il Santo riuscì a riprendersi le anime dei suoi amici. Per far luce sulla strada del ritorno, Sant’Antonio accese il suo bastone con le fiamme infernali e tutti e quattro fuggirono dagli inferi.
Uscito col bastone ardente giunse nei pressi di una grossa catasta di legna e gli diede fuoco. Prese i suoi amici e li invitò a ringraziare il Signore e a pregare per la loro redenzione, prendendo quel grande fuoco come simbolo dell’azione purificatrice dell’umanità, segnando il passaggio dalle tenebre alla luce.
Sant’Antonio Abate, saluto i due e col fedele porcellino scomparve nella notte.
I due tornati al paese raccontarono ai loro compaesani la loro disavventura e tutti festeggiarono per il loro ritorno.
Da quel giorno, di Sant’Antonio non si seppe più nulla.
Per ricordare i suoi insegnamenti di amore per l’umanità e per tutto il creato, il popolo decise allora di onorarlo ogni anno, il 17 di gennaio, facendo benedire ai suoi eremiti gli animali e gli uomini che lavoravano per accudirli. In ogni campo venivano ammassate tutte le sterpaglie e grandi falò veniva accesi per ricordare la vittoria della gioia sulla tristezza.
Proprio cosi, come avviene oggi bambini”, concluse la Nonna Ida, “è per questo motivo che il parroco, ripetendo i gesti dell’Abate, è passato nella stalla del nonno per benedire le mucche e gli altri animali, invocando su di loro la protezione del Santo. E’ per questo che il Nonno ha acceso il fuoco alla grande catasta di sterpi e ramaglia preparata nel campo ripulito per bene”. Tirò un sospiro di sollievo e alzandosi sbattendo il grembiule dalla polvere di lana ci invitò ad uscire insieme a lei, unendoci al nonno. “Ciao bambini” disse il nonno “scaldatevi al tepore di questo fuoco” e guardando insieme le “falie” che salivano al cielo, sono certo, tutti sognavamo primavera. Presto arriverà!

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